mercoledì 5 novembre 2014

Shahzad Masih e sua moglie Shama, cristiani, arsi vivi in Pakistan il 4 novembre 2014

 ...in realtà nella Chiesa non c’è periferia, perché dove c’è Cristo, lì c’è tutto il centro. 
Discorso di Sua Santità Benedetto XVI
Piana di Montorso
Sabato, 1° settembre 2007

...Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese...
 Dal Testamento Spirituale di 

Shahzad e Shama erano due giovani sposi cristiani (28 anni lui, 25 anni lei). Avevano quattro figli e Shama era in attesa del quinto. 
Vivevano a Chak 59, un villaggio nei pressi della cittadina di Kot Radha Kishan Tehsil a sud di Lahore nel Punjab
Di umile condizione, lavoravano in una fabbrica di argilla.
La recente scomparsa del padre di Shahzad ha fatto sì che Shama facesse ordine fra gli oggetti personali del suocero. Per questo motivo, ha bruciato alcuni oggetti e alcune carte ritenute ormai inutili. Un vicino di casa, musulmano, l'ha accusata di aver bruciato anche alcune pagine di un Corano ed ha avvisato altri musulmani dello stesso villaggio e di alcuni villaggi vicini.
In Pakistan è in vigore la legge contro la blasfemia, per cui chiunque può venire arrestato e anche condannato a morte (come è successo alla povera Asia Bibi) se accusato di un qualsiasi gesto ritenuto contrario o offensivo per la religione islamica, Questa legge infame e pretestuosa ha già portato alla condanna di moltissime persone. 


Una folla di circa 400 musulmani inferociti per il presunto atto blasfemo di Shama, ha sequestrato i due giovani il 2 novembre. Dopo due giorni di sequestro e di maltrattamenti, nella mattina del 4 novembre i due sposi sono stati duramente picchiati dalla folla di musulmani e spinti vivi nella fornace per cuocere i mattoni, trovandovi una morte atroce.


La mattina dopo, alcuni cristiani del villaggio hanno chiamato la polizia che ha constatato il decesso dei due giovani.
I cristiani sono il 3% della popolazione del Pakistan e continuano a rimanere fedeli a nostro Signore Gesù Cristo, nonostante le persecuzioni, anche a costo della vita.

Shahzad e Shama, Stelle in Cielo, pregate per noi e per la Pace.


Pubblicazione inerente:

Titolo: Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza. Intervista a Shahbaz Bhatti
Autore: Shabaz Bhatti
Editore Marcianum Press

Anno di pubblicazione: 2008
ISBN: 978-88-89736-49-4
Prezzo € 9,00

Il libro contiene una testimonianza raccolta da mons. Dino Pistolato, direttore della Caritas veneziana, durante il suo viaggio nel nord del Pakistan qualche mese dopo il terremoto che nell'ottobre del 2005 sconvolse la regione, provocando la morte di centomila persone e distruggendo molti edifici. In quell'occasione, dovendo approntare un progetto di solidarietà del Patriarcato di Venezia con la diocesi di Islamabad, egli incontrò e conobbe Shahbaz Bhatti, un cristiano comune dedito all'opera di soccorso dei superstiti. Questo giovane pakistano - già consigliere di Benazir Bhutto fino al recente attentato assassino - è tutt'ora presidente dell'APMA (All Pakistan Minorities Alliance = APMA). Si tratta di un'organizzazione rappresentativa delle comunità emarginate e delle minoranze religiose del Pakistan.
Attraverso una conversazione scorrevole e piana si dispiega lo sguardo di fede sulla realtà: nulla viene edulcorato o, al contrario, inasprito da schemi ideologici; in tutto, anche nelle situazioni più drammatiche, si intravvede piuttosto la possibilità di "costruire" comunione, giustizia e pace attorno a sé e insieme ad ogni uomo.
Shahbaz Bhatti, nato in una famiglia cattolica, non teme di manifestare la sua appartenenza a Gesù Cristo, che anima la sua azione e la rafforza nelle prove: fede di chi si inginocchia alla presenza di Dio per stare in piedi davanti agli uomini, speranza che si tira su le maniche - non certo evasione dalla propria responsabilità sociale, semplice e sorprendente forza della carità cristiana, capace di concreta universalità. Del motivo del suo impegno egli dice semplicemente: «Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo».
Nel leggere questo breve ma intenso testo, ove si narrano vicende che avvengono in una periferia del mondo, viene in mente un celebre passo dell'insegnamento del papa Benedetto XVI: davvero possiamo scoprire ancora che "in realtà nella Chiesa non c'è periferia, perché dove c'è Cristo, lì c'è tutto il centro" e ricevere uno stimolo forte a tendere ad una più profonda educazione al pensiero di Cristo: "perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona". (2 Tim 3,17).


Don Natalino Bonazza
 lunedì 11 maggio 2009


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